Referendum 17 Aprile: votare sì o votare no? L’importanza dell’informazione

Domenica 17 aprile si voterà per scegliere se rinnovare o meno le concessioni per l’estrazione di gas/petrolio entro le 12 miglia dalle coste nazionali. Il Referendum si riferisce solo alle attiv

Domenica 17 aprile si voterà per scegliere se rinnovare o meno le concessioni per l’estrazione di gas/petrolio entro le 12 miglia dalle coste nazionali.

Il Referendum si riferisce solo alle attività estrattive situate nella fascia di 12 miglia nautiche dalla Costa, ossia un terzo dei giacimenti estrattivi esistenti nel nostro Paese.

In Italia le trivelle posizionate in questa zona sono 21: 7 in Sicilia, 5 in Calabria, 3 in Puglia, 2 in Basilicata, 2 in Emilia Romagna, 1 nelle Marche ed 1 nel Veneto. Non sono invece oggetto del Referendum le altre 45 trivelle situate oltre le 12 miglia dalla costa italiana.

Cosa succede se voti SÍ al Referendum del 17 aprile?

Se voti SÍ al Referendum sulle trivelle, elimini la norma che prevede di estinguere la concessione alle attività estrattive fino ad esaurimento del giacimento. Dopo 45 anni, quindi, le trivelle si fermano anche se il giacimento non è esaurito e le compagnie sono obbligate al ripristino dei luoghi.

Cosa succede se voti NO al Referendum del 17 aprile?

Se voti No al Referendum trivelle, resta in vigore la norma introdotta dal Governo Renzi con la Legge di Stabilità 2016, che prevede che le attività delle trivelle situate entro le dodici miglia nautiche dalla costa vadano avanti fino alla vita utile del giacimento, ossia fino a quando le compagnie lo vorranno.

 

Ma vediamo meglio cosa prendere in considerazione per votare consapevolmente a questo Referendum.

Innanzitutto occorre precisare che si tratta di un referendum abrogativo, uno dei pochi strumenti in mano al cittadino e una delle poche forme di espressione democratica diretta.

È importante sottolineare che questo Referendum è stato particolarmente importante poiché ha contribuito a riportare l’attenzione sull’ambiente, sulle problematiche ambientali e sulla politica energetica nazionale.

È quindi importante andare a votare ed esercitare il proprio diritto di voto come cittadini, per dimostrare, nel bene o nel male, che le tematiche ambientali stanno molto a cuore alla popolazione italiana.

Prima di capire se votare sì o no, comunque, è necessario fare una riflessione generale sulle politiche ambientali nazionali e sull’ecologia.

Nella guerra mondiale per il potere economico, giocata da pochi Stati sulle spalle di tanti, ognuno si concentra di più su quel che riesce a produrre, piuttosto che su ciò che questo processo di produzione comporta, come la polarizzazione delle ricchezze ed i danni ambientali. In questo contesto, molti Stati si trovano le mani legate, poiché gli accordi commerciali internazionali ne limitano l’azione, ricattandoli con penali o con multe in caso di mancato rispetto degli accordi stessi.

Molti Stati, quindi, sono spesso impotenti anche nella tutela dell’ambiente: sono numerose le Conferenze Mondiali  sui Cambiamenti Climatici, ma nella maggior parte dei casi è difficile che tutti i Paesi aderiscano agli accordi che vengono proposti, come è successo nel caso del Protocollo di Kyoto .

Tornando però al referendum del 17 aprile, dobbiamo considerare che il Riscaldamento Globale e i conseguenti cambiamenti climatici non dipendono solo dalla combustione di combustibili fossili, ma anche dalla deforestazione, dall’allevamento intensivo, dalla combustione di rifiuti e dalla produzione industriale: bisognerebbe quindi  iniziare riducendo le emissioni ed agevolando la produzione di energia da fonti rinnovabili, scoraggiando l’estrazione e la combustione delle fossili.

Il referendum per cui andremo a votare non è un vero e proprio referendum contro le trivelle: esso si limita ad esprimere un  giudizi sul rinnovo delle concessioni vigenti entro le 12 miglia dalla costa: anche la vittoria del SÍ, quindi, non può assolutamente condizionare una strategia energetica nazionale.

Dall’altra parte, i sostenitori del NO affermano che una dismissione delle piattaforme porterebbe la perdita di lavoro per moltissime persone: questo è vero solo in parte, poiché gli impianti verrebbero dismessi solo tra qualche anno -per alcune piattaforme anche tra qualche decina di anni- e quindi l’occupazione verrebbe comunque garantita ancora per qualche periodo. La manodopera “in avanzo” potrebbe essere impiegata nello smantellamento degli impianti o nei nuovi impianti di energia sostenibile.

Che venga abrogata o meno la norma sulle trivelle, quindi, non cambierà molto dal punto di vista dell’ambiente, a parte il fatto che, a scadenza della concessione, le piattaforme entro 12 miglia dalla costa verranno dismesse.

Per assurdo, tuttavia, nulla vieta alle imprese che si occupano di estrazioni di aprire una nuova piattaforma a 13 miglia dalla costa, continuando a prelevare combustibile dallo stesso giacimento, ma  aggiungendo nuove trivellazioni nei nostri mari, con un’azione decisamente più invasiva rispetto al tollerare gli impianti attualmente funzionanti.

La maggior parte del combustibile che utilizziamo per la produzione di energia e per gli spostamenti è il gas naturale e chiudere gli impianti entro le 12 miglia (che nella maggior parte dei casi estraggono gas) non comporta in alcun modo una riduzione dei consumi dello stesso gas, ma ci obbliga, piuttosto, ad acquistarlo altrove, a meno che non vengano ideate, finanziate e realizzate soluzioni alternative come le energie rinnovabili. Potremmo forse acquistare il gas che ci serve proprio dalla stessa compagnia che prima pagava all’Italia le Royalties per l’estrazione e che adesso lo preleva da qualche giacimento sulle coste africane.

Se l’obiettivo del Governo fosse davvero quello di scoraggiare lo sfruttamento del nostro mare e del nostro territorio, bisognerebbe che rivedesse le Royalties, ossia la percentuale che le multinazionali del settore estrattivo riconoscono allo Stato per ogni tot di petrolio e gas estratto. In Italia, infatti, tali percentuali sono bassissime: in mare, il 7% per il petrolio ed il 10% per il gas; in terraferma, il 10% per entrambi. Volete sapere quanto sono le percentuali di Russia e Norvegia? Circa l’80%!

Prima di tutto, quindi, bisognerebbe che lo Stato adottasse dei provvedimenti che rendano meno conveniente lo sfruttamento delle nostre coste alle grandi compagnie.

Con l’abrogazione o meno del Referendum, sembra che il Governo stia operando nella direzione opposta, incoraggiando le nuove concessioni e un maggior sfruttamento del nostro territorio per finalità estrattive.

 

Teresa Miranda

Responsabile Marketing di Preventivofacile.it, adoro cucinare, leggere e ascoltare ogni tipo di musica. Dopo una formazione in campo economico, mi sono appassionata al web e alle strategie di marketing online. Nel blog di PreventivoFacile scrivo articoli e guide su come vivere al meglio la propria casa, soffermandomi in particolar modo sui servizi utili per gli utenti e sugli incentivi che imprese e cittadini possono utilizzare per risparmiare.

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